Il beato per
eccellenza, in questa beatitudine, è ancora una volta il Signore Gesù.
In tutte le beatitudini
abbiamo sempre cercato di mettere in luce come Cristo è il prototipo di
ogni beatitudine. Anche qui è vero, Gesù ha sofferto la persecuzione per
essere fedele alla volontà del Padre. Gesù ha conosciuto la tribolazione,
la calunnia, la maldicenza, la violenza, il tradimento, per fare la volontà
del Padre. Egli è venuto al mondo e non è stato accolto. E’ stato
"segno di contraddizione".
"Beati i
perseguitati per la giustizia, perché di loro è il regno dei cieli"
(Mt.5,10).
Molte volte Gesù ha
predicato ai suoi discepoli che avrebbero dovuto condividere la sua sorte:
"Se il mondo vi odia, sapete bene che prima di voi ha odiato me. Un
servo non è da più del suo padrone. Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi. Anzi, viene l’ora che chiunque vi ucciderà
crederà di rendere ossequio a Dio" (Gv.15,18-20; 16,2).
Cristo no ha illuso
i suoi discepoli, non ha promesso successi e trionfi, ma ha additato con
chiarezza la stessa via battuta da lui: contraddizioni, odi, persecuzioni
fisiche e verbali, morte di croce. Chi si mette alla sequela di Cristo, se
vuol essere nel vero, non può aspettarsi altro. Tuttavia ciò non vuol dire
essere pessimisti né scoraggiarsi o vivere nella tristezza, perché mentre
Gesù preannuncia ai discepoli le persecuzioni, li proclama beati.
"Beati quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e diranno, mentendo,
ogni sorta di male contro di voi" (Mt.5,11). Anzi è questa l’unica
beatitudine ripresa e sviluppata in più versetti quasi per persuadere i
discepoli di quello che all’occhio umano è un vero controsenso: ritenersi
beato quando si soffre.
Certo l’essere
beati non consiste direttamente nella persecuzione, che è sempre reale
sofferenza fisica e morale, ma nel fatto che questo patire è pegno di
beatitudine eterna.
"Godete e rallegratevi,
perché grande è la vostra ricompensa" ha detto Gesù.
Il Signore non
chiede al cristiano di chiamare gioia ciò che è dolore, non esige che
diventi indifferente alle persecuzioni al punto da non soffrirne, ma gli
chiede di credere, sulla sua Parola infallibile, che quando patisce per la
causa di Dio, sarà certamente trasformato in gaudio di vita eterna. E’ la
sovrabbondanza di questa fede che permette ai santi di gioire nelle
persecuzioni sofferte per Cristo, ad imitazione degli Apostoli i quali se
ne andavano "lieti di essere stati condannati all’oltraggio a motivo
del nome di Gesù" (At.5,41).
Le persecuzioni
"per la giustizia" sono quelle stesse sofferte, come soggiunge
Gesù, "per cagion mia". La causa della giustizia, ossia della
salvezza e della santificazione degli uomini, è la causa stessa di Cristo,
la causa della sua incarnazione, passione e morte, la causa sostenuta dal
suo insegnamento e dal suo esempio. Le persecuzioni di cui parla la
beatitudine sono dunque quelle che il mondo prepara a chi abbraccia fino in
fondo la causa di Cristo e del suo Vangelo seminando ovunque disinteresse,
mitezza, misericordia, purezza, amore, pace. Se una simile condotta induce
molti al bene, è inevitabile che susciti anche la reazione del male,
dell’odio, dell’invidia; e mentre il bene si compie in silenzio, il male
reagisce con violenza tumultuosa, sicché in certi momenti le persecuzioni
sembrano prendere il sopravvento. E’ stato così anche di Gesù, la cui vita
spesa unicamente al bene è sembrata ad un tratto sommersa e vinta dalle
forze del male. Ma è proprio questo il contrassegno degli autentici
discepoli di Cristo: condividere la sorte del loro Maestro; ed è questo il
motivo profondo della loro beatitudine: trovare nelle persecuzioni la
garanzia di non aver sbagliato strada.
"Guai quando
tutti gli uomini dicessero bene di voi, -ha detto Gesù, -allo stesso modo
facevano i loro padri con i falsi profeti" (Lc.6,26).
Le lodi, le
approvazioni del mondo, i successi continui non sono mai il distintivo
dell’autentica sequela di Cristo, ma piuttosto l’eredità dei falsi profeti.
Il vero profeta presto o tardi incontra sempre la contraddizione; ed è
provvidenziale. Ciò lo preserva dalle lusinghe dell’orgoglio, lo rende
cosciente della sua pochezza, lo difende dall’illusione esaltante di essere
capace di salvare, di trasformare il mondo e quindi lo mantiene nel numero
di quei poveri che, pur adoprandosi con tutte le forze per la salvezza
propria e altrui, l’attendono però dall’unico Salvatore. Chi invece si
lascia irretire dal plauso del mondo corre il rischio tremendo di deformare
o sminuire il Vangelo per non incappare nell’impopolarità, e finisce così
con lo schierarsi tra i falsi profeti.
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