
Vita
e opere
Compì gli
studi a Madaura, Tagaste e Cartagine. Studente brillante ma moralmente
alquanto libertino, appena conclusi gli studi, aprì una scuola di retorica a
Cartagine e successivamente a Roma e a Milano, su invito del governatore
della città. Qui l'incontro con Ambrogio e l'esempio di alcuni convertiti
(nonché le ferventi preghiere della madre Monica) affrettarono la sua
conversione al cristianesimo (prima aveva abbracciato per vari anni il
manicheismo). Dopo il battesimo nel 387, rientrò in Africa, dove nel 391 fu
consacrato sacerdote e nel 396 fu nominato vescovo di Ippona. Da allora fino
alla morte si batté con tutte le sue forze e il suo grandissimo zelo, con gli
scritti e la predicazione, per la difesa dell'ortodossia, ottenendo prima la
condanna del donatismo (Concilio di Cartagine, 411) e più tardi del
pelagianesimo (Concilio di Milevi, 416).
Pensiero
Uno dei
più grandi geni dell'umanità in assoluto, A. è il massimo esponente della
teologia e della filosofia cristiane della Chiesa latina per il primo millennio.
Non c'è area della filosofia e della teologia in cui il suo pensiero non
abbia lasciato il segno non soltanto attraverso tutta l'età medioevale ma
anche quella moderna. In metafisica, con la critica del manicheismo e con la
soluzione del problema del male (concepito non come sostanza ma come privatio
boni, privazione di una perfezione dovuta); con la dimostrazione
dell'esistenza di Dio, movendo dalla presenza della verità nella mente umana.
In antropologia filosofica, con la sua concezione dualistica della realtà
umana (il corpo unito all'anima in modo puramente strumentale); con
l'affermazione del primato della volontà sull'intelletto; con la distinzione
tra libero arbitrio (pura capacità di scelta, che può volere sia il bene sia
il male) e la libertà (potere di scegliere ed operare il bene). In
gnoseologia, con la critica allo scetticismo, facendo appello al si fallor
sum (se mi inganno esisto certamente!); con la distinzione netta tra scienza
(ratio inferior), che si occupa delle cose di questo mondo, cose terrene e
sapienza (ratio superior), che ha per oggetto le verità eterne; con la teoria
della illuminazione divina, per spiegare la cognizione delle verità eterne.
In pedagogia, dando importanza relativa alla funzione del maestro, il quale
coadiuva semplicemente l'apprendimento della verità, poiché questa viene
comunicata alla mente dal maestro interiore (il Verbo divino). In
ecclesiologia, con l'identificazione della Chiesa con il regno di Dio
(civitas Dei). In soteriologia, con la dottrina sulla mediazione di Cristo e
la sua riparazione dei nostri peccati. Nella triadologia, col suo
approfondimento del mistero della Trinità, la distinzione delle Tre persone
nell'unità della natura, la processione del Figlio e dello Spirito Santo dal
Padre ricorrendo alle analogie presenti nelle creature e soprattutto
nell'anima umana con la triplice operazione: intelligenza (mens), memoria
(notitia), volontà (amor). In antropologia soprannaturale, con la sua
dottrina sul peccato (sia originale che personale) e sulla grazia, e con
l'approfondimento dello studio dei rapporti tra libertà umana e provvidenza
divina, che prevede ma non determina quanto l'uomo compie. In filosofia e
teologia della storia, con la teoria delle due città: città di Dio sorta
dall'amore verso Dio e città dell'uomo. Di tutti questi importantissimi
contributi di A. allo sviluppo della filosofia, della teologia cristiana e
della cultura medioevale, tre meritano un'esposizione più dettagliata: le
dottrine sull'anima, sulla Trinità e sulla storia.
a) L'anima - Quando nei Soliloqui la ratio, cioè la filosofia, chiede ad
Agostino che cosa desideri conoscere soprattutto, egli risponde: «Deum et
animam scire cupio» (desidero avere scienza di Dio e dell'anima). Molti ed
ardui sono i problemi che investono l'anima, tutti problemi che i filosofi
greci e cristiani già avevano affrontato e risolto in svariati modi prima di
A. Questi nel De quantitate animae segnala come più importanti i seguenti:
«L'origine dell'anima, le sue proprietà, la sua grandezza, la ragione della
sua unione col corpo, la sua condizione nell'unione col corpo e dopo la
separazione» (c. 13, 22). Riguardo all'origine dell'anima A. rimase incerto
fino all'ultimo. Ai suoi tempi circolavano quattro soluzioni: preesistenza,
origine per trasmissione da parte dei genitori (traducianesimo), origine per
caduta dal mondo degli spiriti, creazione individuale. Mentre un po' alla
volta egli riuscì a scoprire l'assurdità delle tesi della preesistenza e
della caduta, non riuscì invece mai a vincere la sua perplessità nei
confronti delle altre due soluzioni: creazione diretta oppure traducianesimo.
Sul non meno arduo problema della sopravvivenza dell'anima dopo la morte del
corpo (il problema cioè della immortalità) ha idee chiare e sicure: poiché
l'anima è una realtà semplice e spirituale è anche incorruttibile.
A sostegno di questa tesi egli adduce tre argomenti:
a) l'autonomia dell'anima dal corpo sia nell'agire sia nell'essere;
b) il desiderio naturale che tutti abbiamo della immortalità;
c) il vincolo indissolubile che unisce l'anima con qualcosa di assolutamente
incorruttibile, la verità.
Il terzo argomento è quello più caro ad Agostino ed è quello maggiormente in
sintonia col suo pensiero. L'anima, per A. , non costituisce soltanto
l'oggetto primario e più importante di tutta la sua indagine filosofica, ma è
anche la prospettiva in cui egli si colloca e il principio ermeneutico che
egli assume per intendere qualsiasi altra realtà (il mondo e Dio).
Per questo la sua filosofia si dice interioristica e la sua metafisica si
chiama metafisica della interiorità (la stessa interiorità invoca Dio:
inquietum est cor nostrum donec requiescat in Te, Confessioni I, 1).
b) Dio uno e trino - Il problema di Dio viene affrontato da A. in tutti i
suoi molteplici aspetti: esistenza, natura, attributi, conoscibilità, mistero
trinitario. L'esistenza di Dio viene argomentata con vari ragionamenti: la
contingenza delle cose, l'ordine del mondo, ma soprattutto mediante
l'argomento della verità. Questa, come si è visto, si trova nell'anima, ma è
superiore all'anima stessa. Infatti «noi giudichiamo la nostra conoscenza
mediante la verità, ma non possiamo mai sottoporre a giudizio la stessa
verità» (De libero arbitrio II, 13, 34). Ma il riconoscimento di tale
eccellenza della verità rispetto a noi conduce necessariamente a Dio, «perché
se c'è qualcosa di più elevato della verità, allora è quella cosa che è Dio,
ma se invece non c'è nulla di più nobile, allora è la verità stessa ad essere
Dio» (ivi). Di tutti gli attributi che si possono assegnare alla natura
divina (semplicità, bontà, sapienza, bellezza ecc. ) quello che la distingue
meglio dalle creature, secondo A. , è la immutabilitas: Dio solo è
immutabile, eternamente eguale a se stesso, il nunc stans; ogni altra realtà è
mutevole, è un nunc transiens: «Io ti affermavo incontaminabile, inalterabile
e totalmente immutabile» (Confessioni VII, 3).
Però, nonostante la lunga serie di attributi che la mente umana riesce a
cogliere in Dio, essa non deve farsi troppe illusioni circa la sua
conoscibilità: in effetti Egli resta sostanzialmente inconoscibile. Se è già
assai difficile cogliere la natura di Dio, impresa ancora più ardua è
penetrare nel suo essere trinitario: trovare le ragioni per cui Dio ha tre
persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito, e perché e in che modo ognuna di
esse gode di una propria sussistenza.
La grandezza impressionante del genio teologico di A. si manifesta in tutto
il suo splendore nello studio di questo sublime mistero e per merito di A.
esso riceve la sua formulazione definitiva. Tra gli altri meriti acquisiti
nella discussione del mistero trinitario, A. ha anche quello di avere fissato
con precisione il significato di alcuni termini chiave, in particolare di
persona, natura o essenza e di relazione, e di avere, per primo, posto nella
relazione il principio delle distinzioni personali. Mentre le Persone divine
sono perfettamente identiche a livello di essenza e di perfezioni assolute,
esse si distinguono a livello di relazioni. L'identità del Padre, chiarisce
A. , è data dalla relazione della Paternità (che possiede Egli soltanto),
l'identità del Figlio dalla Filiazione, l'identità dello Spirito Santo dalla
Donazione passiva (è il Dono che il Padre e il Figlio si fanno
reciprocamente). A. osserva che queste relazioni, essendo nell'ordine
dell'opposizione e non in quello delle perfezioni assolute, dicono solo
distinzione e non diversità di perfezione tra una Persona e l'altra. Queste
relazioni sono reali e quindi comportano una distinzione reale tra i termini
correlativi - il Padre non è il Figlio, il Figlio non è il Padre ecc. -, sono
immutabili, sono sussistenti, ed essendo le relazioni simultanee, le Persone
divine sono egualmente eterne. Il Figlio mai ha cominciato ad essere Figlio,
ma lo è sempre stato, come il Padre non ha mai cominciato ad essere Padre, ma
lo è sempre stato, e lo stesso vale anche per lo Spirito Santo. Celebre è il
tentativo compiuto da A. negli ultimi libri del De Trinitate di rinvenire
nell'anima (che è già naturalmente imago Dei) un'immagine valida della
Trinità. L'immagine più prossima è data dalle facoltà: memoria, intelletto e
volontà (mens, amor, notitia) che pure essendo perfettamente distinte
tuttavia costituiscono un'unica sostanza.
c) Città di Dio e filosofia della storia - L'esposizione della dottrina
agostiniana sulla filosofia della storia si trova nella Città di Dio (De
civitate Dei). Questa opera fu dettata da circostanze contingenti: l'accusa
che i pagani muovevano ai cristiani di essere la causa dello sfacelo dell'Impero
per avere tradito la religione dei loro padri. Ma A. , nel suo saggio, non si
accontenta di confutare l'accusa mostrando che la religione pagana non ha mai
giovato a nessuno, né per la vita presente né per quella futura (primi dieci
libri); nella seconda parte (libri XI-XXII) egli affronta un compito ben più
ampio ed importante: quello dell'origine, dello sviluppo e del senso della
storia. Questa trae origine da Dio perché Lui crea i primi uomini e perché
concorre al suo svolgimento con la sua provvidenza. Ma l'articolazione della
storia in due città: la civitas Dei o coelestis e la civitas hominis o
terrigena (la prima viene chiamata anche Gerusalemme e la seconda Babilonia),
ha luogo per colpa degli uomini. Fanno infatti parte della città di Dio quelli
che scelgono come valore principale Dio; mentre fanno parte della città
dell'uomo coloro che scelgono come valore principale l'uomo o cose inferiori
all'uomo. L'amore di Dio e l'amore di sé stanno all'origine delle due città.
L'antitesi dei due amori che hanno dato origine alle due città ne dirige
anche il corso e le fa procedere verso fini eternamente opposti. Il senso
della storia è costituito appunto da questa incessante durissima dialettica.
La dialettica tempestosa delle due città e dei due amori non cristallizza
l'umanità in situazioni invariabili, ma la guida attraverso una maturazione
dolorosa, verso l'età perfetta dello spirito, verso Cristo, nella pienezza
dei tempi. Merito principale di A. è quello di avere conferito al
cristianesimo una forte espressione razionale e di avere gettato le basi di
quella cultura cristiana che prenderà corpo e conseguirà risultati imponenti
e meravigliosi durante il Medio Evo. Nel dare espressione al suo pensiero A.
ha attinto copiosamente dalla cultura greca, in modo particolare da Platone.
Per questo è stato scritto che A. ha platonizzato il cristianesimo; ma si può
dire (ed è ancora più vero) che A. ha cristianizzato il platonismo..
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